La coscienza di Priebke

 

La cagnara che sta accompagnando la morte di Priebke è assai illuminante per le seguenti motivazioni.

Stando a quanto riportato dai mass media (ne citiamo uno ad esempio http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/13_ottobre_13/faro-funerali-priebke-anche-strada-8a885c20-33f8-11e3-8576-cc4920727ef2.shtml ) è in atto uno scontro da un lato tra il legale di Priebke che richiede i funerali a Roma, possibilmente in una chiesa, e il Sindaco di Roma, schierato con il Vicariato, che invece li nega.

Ciò premesso ritengo indispensabile far riferimento a due teorie:

a)      quella di Bergoglio-Scalfari in forza della quale vi è il primato della coscienza tant’è che papa Francesco ha scritto a Scalfari “… Innanzi tutto, mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede. Premesso che - ed è la cosa fondamentale - la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito, la questione per chi non crede in Dio sta nell'obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c'è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire….” http://www.repubblica.it/cultura/2013/09/11/news/sintesi_lettera_bergoglio-66283390/  ;

b)      quella di Giovanni Paolo II “In seguito a quel misterioso peccato d'origine, commesso per istigazione di Satana, che è «menzognero e padre della menzogna» (Gv 8,44), l'uomo è permanentemente tentato di distogliere il suo sguardo dal Dio vivo e vero per volgerlo agli idoli (cf 1 Ts 1,9), cambiando «la verità di Dio con la menzogna» (Rm 1,25); viene allora offuscata anche la sua capacità di conoscere la verità e indebolita la sua volontà di sottomettersi ad essa. E così, abbandonandosi al relativismo e allo scetticismo (cfGv 18, 38), egli va alla ricerca di una illusoria libertà al di fuori della stessa verità…..Ogni uomo non può sfuggire alle domande fondamentali: Che cosa devo fare? Come discernere il bene dal male? La risposta è possibile solo grazie allo splendore della verità che rifulge nell'intimo dello spirito umano, come attesta il salmista: «Molti dicono: "Chi ci farà vedere il bene?". Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto» (Sal 4,7)………La luce del volto di Dio splende in tutta la sua bellezza sul volto di Gesù Cristo, «immagine del Dio invisibile» (Col 1,15), «irradiazione della sua gloria» (Eb 1,3), «pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14): Egli è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Per questo la risposta decisiva ad ogni interrogativo dell'uomo, in particolare ai suoi interrogativi religiosi e morali, è data da Gesù Cristo, anzi è Gesù Cristo stesso, come ricorda il Concilio Vaticano II: - In realtà, solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro, e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione -…..È da rilevare, in special modo, la dissonanza tra la risposta tradizionale della Chiesa e alcune posizioni teologiche, diffuse anche in Seminari e Facoltà teologiche, circa questioni della massima importanza per la Chiesa e la vita di fede dei cristiani, nonché per la stessa convivenza umana. In particolare ci si chiede: i comandamenti di Dio, che sono scritti nel cuore dell'uomo e fanno parte dell'Alleanza, hanno davvero la capacità di illuminare le scelte quotidiane delle singole persone e delle società intere? È possibile obbedire a Dio e quindi amare Dio e il prossimo, senza rispettare in tutte le circostanze questi comandamenti? È anche diffusa l'opinione che mette in dubbio il nesso intrinseco e inscindibile che unisce tra loro la fede e la morale, quasi che solo in rapporto alla fede si debbano decidere l'appartenenza alla Chiesa e la sua unità interna, mentre si potrebbe tollerare nell'ambito morale un pluralismo di opinioni e di comportamenti, lasciati al giudizio della coscienza soggettiva individuale o alla diversità dei contesti sociali e culturali…..Occorre che l'uomo di oggi si volga nuovamente verso Cristo per avere da Lui la risposta su ciò che è bene e ciò che è male. Egli è il Maestro, il Risorto che ha in sé la vita e che è sempre presente nella sua Chiesa e nel mondo. È Lui che schiude ai fedeli il libro delle Scritture e, rivelando pienamente la volontà del Padre, insegna la verità sull'agire morale. Alla sorgente e al vertice dell'economia della salvezza, Alfa e Omega della storia umana (cf Ap 1,8; 21,6; 22,13), Cristo rivela la condizione dell'uomo e la sua vocazione integrale. Per questo, «l'uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve, per così dire, entrare in Lui con tutto se stesso, deve "appropriarsi" ed assimilare tutta la realtà dell'Incarnazione e della Redenzione per ritrovare se stesso. Se in lui si attua questo profondo processo, allora egli produce frutti non soltanto di adorazione di Dio, ma anche di profonda meraviglia di se stesso». Se vogliamo dunque penetrare nel cuore della morale evangelica e coglierne il contenuto profondo e immutabile, dobbiamo ricercare accuratamente il senso dell'interrogativo posto dal giovane ricco del Vangelo e, più ancora, il senso della risposta di Gesù, lasciandoci guidare da Lui. Gesù, infatti, con delicata attenzione pedagogica, risponde conducendo il giovane quasi per mano, passo dopo passo, verso la verità piena….” http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_06081993_veritatis-splendor_it.html .

Coloro che hanno applaudito entusiasticamente a quanto asserito nella lettera del vescovo di Roma a Scalfari e quindi concordano sull’affermazione sopra riportata non possono (per coerenza!) essere contrari ai funerali in chiesa di Priebke, il quale ha certamente agito secondo la sua coscienza.

Chi invece preferisce ubbidire alla frase di Papa S. Pietro “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At.5,29) e a quella di Giovanni Paolo II sopra riportata, pur astenendosi dal giudizio relativo alla penitenza finale di Priebke (dato che non sappiamo se negli ultimi istanti di vita ha chiesto perdono dei suoi peccati a Dio oppure no), può giustificatamente essere perplesso. Se, infatti, è vero che Dio perdona qualsiasi peccato l’uomo abbia commesso se il peccatore contrito  si affida alla Sua misericordia, è altrettanto vero che la rappresaglia di Priebke non è giustificata in base all’obbedienza agli ordini ricevuti. Colpire degli innocenti per un’azione compiuta da altri viola qualsiasi cardine giuridico e il buon senso. Per Priebke come per tutti (papi compresi) deve valere il principio scritturale  che “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At. 5,29).

Ovviamente, per coerenza, l’eventuale rifiuto da parte delle autorità della Chiesa nei confronti di Priebke (considerato un fedele secondo alcune testimonianze) deve valere anche per noti peccatori pubblici (non pubblicamente contriti) per i quali si sono invece spalancate le porte della chiesa con esequie in pompa magna.